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ERRORE MEDICO DA CORPO ESTRANEO POST-OPERATORIO: PROFILI GIURIDICI E MEDICO LEGALI.

La permanenza di un corpo estraneo all’interno del corpo del paziente a seguito di un intervento chirurgico rappresenta una delle più gravi ipotesi di malpractice medica. In ambito medico-legale, tale evenienza rientra nella categoria degli eventi avversi evitabili (preventable adverse events), spesso definiti come “never events” perché, con l’adozione di protocolli adeguati (es. surgical count checklist), non dovrebbero mai verificarsi.

Dal punto di vista clinico, la ritenzione di materiali chirurgici (tipicamente garze, pinze, aghi o spugne) può determinare quadri patologici acuti o cronici: ascessi, fistole, infezioni sistemiche, dolori persistenti, reazioni granulomatose da corpo estraneo, fino a complicanze vitali.

Sotto il profilo giuridico, la responsabilità della struttura sanitaria è generalmente di natura contrattuale (ex art. 1218 c.c.), mentre quella del singolo operatore può assumere natura extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.), con un onere della prova semplificato in capo al paziente. Trova infatti applicazione il principio della presunzione di colpa sulla base della massima “res ipsa loquitur”: la sola presenza del corpo estraneo è sufficiente a dimostrare l’errore.

Sul piano processuale, le consulenze medico-legali rivestono un ruolo centrale per accertare la dinamica dell’errore, il nesso causale tra la condotta e il danno, nonché la quantificazione del pregiudizio (biologico, morale, esistenziale e patrimoniale).

Le sentenze più recenti della Corte di Cassazione ribadiscono l’obbligo di adozione di protocolli di sicurezza da parte della struttura e l’automatica insorgenza della responsabilità in caso di loro omissione.

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